Tratto da Libretto di necrologio.
La mattina del 6 gennaio 1927 in Lendinara (Rovigo), dopo brevissima malattia, si spegneva il Comm. Gr. Uff. Cav. del Lavoro Co. Bar. S.R.I. Dante Marchiori di Terlago.
Le squisite virtù dell’animo e della vita nobilmente operosa di questo pioniere dello sviluppo economico del nostro Paese ben meritano di essere ampiamente ricordate, orgogliosi di annoverare Dante Marchiori tra i suoi cittadini più illustri.
«Quanti conoscevano Dante Marchiori – e innumeri erano i Suoi amici ed estimatori – appresero la triste novella della Sua dipartita con immensa costernazione e doloroso stupore. Nessuno poteva persuadersi che l’illustre uomo, cui la vigorosa vecchiezza concedeva di sopportare quotidiane fatiche e disagi di lunghi viaggi e ripetute veglie, che pochi robusti giovani avrebbero potuto sopportare, fosse stato vinto dalle insidie di un male, che erasi presentato lievissimo e da Lui procuratosi nello scrupoloso adempimento del Suo dovere. Se questo nobilissimo sentimento del proprio dovere non fosse stato da Lui così profondamente ed esageratamente sentito, noi ancora vedremmo, per nostra gioia e conforto, la Sua alta e signorile figura, dal giovanile portamento, dai movimenti agili e sciolti, ancora udiremmo la Sua cara voce che sempre, in ogni momento e in ogni occasione, con amici ed avversari, aveva la nota dominante della cortesia e della bontà.
Perché Dante Marchiori, che aveva vivido ingegno, acuto discernimento, larga cultura di scienze commerciali, industriali ed agricole, conoscenza precisa di uomini e di cose, era immensamente buono, naturalmente buono. Ogni Suo atto, ogni Suo giudizio era improntato alla bontà, vera e sincera bontà in Lui congenita. E la bontà fu la Sua grande forza, che tutto piegava, che ognuno avvinceva. Nei molti uffici ed amministrazioni che Egli, per le preclari Sue doti, era chiamato a presiedere o dirigere, tutto otteneva, con poche cortesi parole, da impiegati e dipendenti e un Suo elogio era il più ambito premio, il compenso più gradito.
Nel giorno dei Suoi funebri, un vecchio popolano, che seguiva la lacrimata bara, diceva piangendo : «Tutti i Marchiori sono stati sempre grandemente buoni, ma il padrone Dante è stato il buono dei buoni e come Lui nessun altro fu e nessun altro sarà». E questo era il pensiero di quanti – ed era una fiumana di gente di tutte le classi, di tutte le condizioni – formavano l’interminabile corteo.
Dante Marchiori tutta la lunga intemerata vita spese nel bene – la Sua generosità era illimitata ; nessuno, nessuno mai a Lui ricorse invano – e nel lavoro ; perché Dante Marchiori fu un lavoratore infaticabile, tenace, e fin dalla prima giovinezza il lavoro lo avvinse e Egli al lavoro tutto si diede.
Nato a Lendinara il 7 settembre 1853 da Giacomo e Maria nob. Lorenzoni, veniva ammesso dietro esami alla Scuola superiore di Commercio di Venezia nell’anno di sua fondazione, con deliberazione di sanatoria del Consiglio direttivo, avendo il giovanetto Dante età inferiore a quella prescritta per l’iscrizione degli alunni. Il Marchiori che, non ancora diciottenne, aveva conseguito lodevolmente la licenza commerciale, avendo intenzione di recarsi all’estero per esercitarvi il commercio, volle sottoporsi di rimanere per qualche tempo in un reputato collegio privato di Soletta (Svizzera) dedito ad uno studio intenso diretto nell’uso degli idiomi stranieri, a cui Egli giustamente attribuiva grandissima importanza e per i quali sentiva viva inclinazione.
Subito dopo esercitò il commercio per conto proprio a Francoforte per due anni e in seguito per altri cinque a Londra. Qui fiorì l’idillio della Sua giovinezza, chè, innamoratosi di una eletta e coltissima contessina, Ellen Daly, di cospicua e nobile famiglia irlandese, la condusse sposa ed essa fu la Sua donna adorata, la Sua confortatrice, che allietò la Sua casa di numerosa figliolanza, ma che troppo presto fu rapita da crudo morbo al Suo grande affetto, ed egli mai non seppe darsi pace della Sua dipartita.
Subito dopo le nozze, avvenute in Londra, chiamato dal padre, tornò alla Sua Lendinara, dedicandosi alla coltivazione delle terre della Sua famiglia. E subito, pur coadiuvando il padre nella direzione della vasta azienda agricola, avviò una larga esportazione di derrate alimentari (frutta, verdura, aglio, cipolle, patate, nonché di uova e pollame), facendo parte prima della Società Cirio e coadiuvandone lo sviluppo nel Veneto, poi della Società Esportazione di Verona e commerciando in seguito per conto proprio, manifestando sempre sagacia di organizzazione, tenacia di fibra, agilità di movimento, per la quale seppe sottoporsi a frequenti viaggi in vari Stati d’Europa. Molto noto nel Belgio, in Olanda, in Inghilterra e innumerevoli Stati comprese le Americhe, era infatti stato chiamato a rappresentare l’Italia alla Conferenza di Nuova York.
La Sua casa vantava salotti di altissimo livello culturale ove sovente vi si incontravano illustrissimi personaggi e sommi Poeti quali il Carducci ed il Poeta indiano Tagore, suo intimo amico che, ogni qual volta venisse in Inghilterra per le sue conferenze, dapprima passava sempre in visita a Lendinara ospite in villa Marchiori. L’amata conterranea della Sua diletta consorte, Jessie White – Patriota Garibaldina ed eccelsa scrittrice – spendeva lunghi giorni in fervidi colloqui e per educare alla letteratura inglese e alla musica le giovinette Marchiori che poi proseguirono tutte i loro studi in Belgio.
Dotato di larghe vedute, pronto ad assimilare i dettami della scienza, entusiasta del progresso in ogni Sua manifestazione, Dante Marchiori anche in agricoltura accolse con fervore le conclusioni dei nuovissimi studi agrari. Insieme al fedele amico Eugenio Petrobelli fu dei primi a praticare la coltivazione razionale della terra, adoperando concimi chimici, dando una saggia rotazione alle principali colture, estendendo la superficie dei prati, aumentando i capi di bestiame e selezionandone i prodotti, migliorando le già buone case coloniche dei Suoi fondi, e istituendo campi sperimentali, che di tanta utilità furono non solo a Lui ma a tutti i Suoi compaesani.
Fonda con alcuni amici il Comizio (chiamato poi Sindacato) di Lendinara e ne è per tanti anni consigliere e presidente. Alle assidue insistenze del Sindacato e a quelle particolari del Marchiori devesi la fondazione della prima Cattedra Ambulante di Agricoltura, quella di Rovigo (primo albore della Università degli studi Agrari), e Pergentino Doni, che fu il primo cattedratico e Tito Poggi e i successivi titolari, Ottavio Muneratti e Demetrio Bazzi, trovarono nei poderi Marchiori libero campo alle loro esperienze, accolte dapprima dalla diffidenza dei più, grado grado diradantesi dinanzi ai risultati luminosi pazientemente illustrati e divulgati da quei benemeriti. Circa settanta ettari della Sua campagna dei Pioppi in comune di Lusia (nota a chiunque abbia consacrato studio ed amore alla grande industria agricola), furono per lunghi anni quasi la Mecca degli amanti dell’agricoltura ; poiché Dante Marchiori, facendo tesoro dei consigli di Tito Poggi, col quale ebbe fraterna intimità, e di chi gli fu poi degno successore, animato da energica fede, di fronte all’altrui incredulità, seppe trasformare quella vasta estensione, che originariamente altro non era se non sabbia da costruzione, in un podere modello e veramente redditizio.
Continua è la Sua opera di creatore di industrie. Assieme al Maraini è propugnatore dell’industria saccarifera e i zuccherifici di Lendinara e Rovigo devonsi specialmente alla di Lui iniziativa. D’accordo col fratello, fonda la prima Anonima Cooperativa per la fabbricazione dei concimi con sede a Lendinara, società che si trasforma poi nell’Anonima Fabbriche perfosfati di Lendinara – Adria e nell’altra di Prodotti chimici per l’agricoltura di Legnago, delle quali fu fin dall’inizio presidente.
Più tardi Egli è infaticabile assertore della necessità di istituire in provincia di Rovigo una stazione di Pollicoltura e a lui si deve se la provincia e il comune di Rovigo offrirono a Governo il terreno e i fabbricati necessari e a lui si deve se tali offerte vennero accettate : in prossimità di Rovigo sorse tale stazione, che a noi è tanto invidiata da molte altre provincie , e dal suo sorgere ne fu l’autorevole presidente. Coprì anche uguale carica nel consiglio di vigilanza della Cattedra Ambulante di Agricoltura ed è stato consigliere in quella di vigilanza della stazione di Bieticoltura. Fu in pari tempo Presidente della Società Miniera di Deiva, Vicepresidente della Società Miniera di Calceramica e della Società Brevetti Cicali per l’estrazione dell’Azoto. Fu inoltre Presidente, Vicepresidente e Consigliere di numerose altre Società e Sindacati che avevano per oggetto materie o prodotti agricoli o all’agricoltura inerenti.
Benché giovanissimo, nel dicembre 1880 gli elettori commerciali della provincia di Rovigo lo elessero con larghissima votazione membro della Camera di Commercio. Entrato in carica il 1° gennaio 1881, vi rimase ininterrottamente fino al giorno del Suo decesso, e cioè per oltre quarantasei anni. In questo lungo periodo di tempo, Egli fu sempre il più autorevole e il più ascoltato sia come Consigliere nei primi anni, che come Vicepresidente e Presidente in seguito. A Lui specialmente si deve, fra tante importantissime cose ed opere pure da Lui derivate, la Borsa di Commercio in Rovigo. Ultimamente il superiore Ministero, sciolte tutte le Camere di Commercio e Industria, Lo nominò prima Commissario Governativo e poi Commissario Straordinario.
Fermamente convinto della necessità di dotare il capoluogo della provincia di un Istituto Tecnico, ebbe parte importantissima e molto si adoperò poi pel suo pareggiamento e per la regificazione ; e sin dall’origine fu Presidente della Giunta di Vigilanza.
Ebbe nella lunga Sua operosa vita altre innumerevoli cariche e fra le tante è bene ricordare che fu sindaco di Lusia per ventisei anni consecutivi, Consigliere e Deputato provinciale, Presidente della Commissione provinciale granaria, membro del Consiglio superiore del Traffico e Presidente della Commissione del nuovo catasto, della quale non tutti conoscono le insigni benemerenze e l’immensa importanza. Essa fece, diretta da Dante Marchiori, meraviglioso e poderoso lavoro di classificazione dei differenti terreni, ad ognuno dei quali, con accurata analisi e giusti e precisi criteri, fu assegnato il dovuto posto. Se questo qui si ricorda in modo particolare è solo perché Dante Marchiori, nella Sua infinita modestia, era poi superbo di questa Sua opera, pur non parlandone con alcuno, all’infuori di chi godeva della Sua intimità.
Il Marchiori era anche stato proclamato una volta candidato al Parlamento Nazionale, ma la cosa non ebbe seguito per il Suo deciso rifiuto. Negli ultimi anni il Polesine guardava al nostro Compianto come a personalità di cui avrebbe desiderato vivamente la presenza in Senato, dopo che unico polesano rimastovi era Nicola Baladoni. E probabilmente il desiderio del Polesine sarebbe stato soddisfatto ove la progettata riforma dell’Alto consesso non avesse ridotto e poi sospeso le nomine.
Fervente interventista, predicò con ardore giovanile la necessità della guerra e lasciò che il Suo dilettissimo figliolo, unico maschio di Sua Casata, combattesse sempre in prima linea, mentre con le Sue aderenze avrebbe potuto ottenere assegnazione di servizio facile e sicuro. Mirabile esempio di amor di Patria!
Egli nella grande stella d’Italia aveva fede profonda e nei terribili giorni travolgenti di Caporetto, conservando la Sua serena calma, affermava con voce suadente : «Coraggio, l’Italia non deve perire, l’Italia non perirà, Iddio è con noi!»
Il giorno dei funerali tutta Lendinara era in lutto : si può dire che tutti gli abitanti, senza distinzione di ceti, assieme ad una folla di personalità di tutta la provincia e di fuori, riversatasi nella tranquilla cittadina, in una lunghissima ed interminabile schiera, mentre la bufera imperversava, abbiano accompagnato all’estrema dimora Colui che per l’intera vita aveva dedicato al bene del Polesine tutte le migliori energie, e abbiano dato alle solenni onoranze il carattere di una vera apoteosi. Io che, rispondendo all’impulso del sentimento, ho voluto seguire reverente la Salma del caro illustre consocio, pronunciai poche parole in rappresentanza della Scuola e dell’Associazione, fiere di avere avuto fra i loro migliori Dante Marchiori. Brevi parole, dopo i numerosi precedenti elogi delle egregie virtù dell’Estinto, e dopo l’elogio ben eloquente che avevo raccolto nell’immenso corteo dall’umile labbro dei forti lavoratori, dipendenti da Casa Marchiori, mentre sul loro ciglio spuntava una lagrima.
Avezzo a ricordare agli studenti l’azione savia ed ardimentosa svolta da parecchi fra loro che li precedettero sui banchi dell’Istituto e che, rendendo onore alla Scuola, ebbero a spianare alle giovani schiere la via, ben saprò additare ad esempio dei miei giovani fin che potrà loro giungere la mia parola, Dante Marchiori. Possano essi, al pari di Lui, mantenersi la via dell’onestà e del lavoro ! Possano essi, al pari di Lui, mantenersi sempre puri nei pubblici uffici cui fossero chiamati ! Possano serbare fino all’ultimo, com’Egli serbò, l’entusiasmo per le cose belle, nobili ed alte !